L’aver mappato la ricorrenza dei cazzi in un determinato contesto urbano, disegnati come capita su muri, saracinesche o panchine, potrà suscitare reazioni alterne nell’osservatore. La cosa farà sorridere i più coquins, e forse farà storcere il naso ai più pruriginosi. Certo è un’operazione curiosa, tanto più se a dirigerla è un artista, e se il contesto in questione è Barivecchia, dedalo di piccoli e grandi tesori architettonici, di archi e edicole votive, di viuzze e chiese, dove riti e costumi secolari si arrangiano come possono per sopravvivere alla furia rosicchiante della postmodernità. Città effimera non mira però a strappare sorrisi maliziosi, tantomeno a épater le bourgeois. SAM3, che ne è al tempo stesso ideatore e esecutore, compie un lavoro dai precedenti antropologici illustri. Nel 1910, Georges-Henri Luquet catalogava disegni analoghi, reperiti qua e là per Parigi, tra caserme e bagni pubblici. Osservava un legame, estetico e psicologico, tra i disegni osceni degli adulti, l’arte primitiva e l’arte dei bambini, e chiamava réalisme logique l’abilità umana, secondo lui innata, di rappresentare gli attributi corporei ritenuti più importanti. Molti altri studiosi ne hanno seguito le orme nei decenni successivi, e l’operazione di SAM3 sembra quasi inserirsi al confine tra il lavoro di un antropologo e quello di un urbanista. Non è un caso, se questa particolare mappatura ne ha accidentalmente generate altre, come la mappa dei cuori, quella degli archi, o quella delle strade di Barivecchia che, solitamente, non sono mappate. Da qui a farne un discorso estetico, il passo è breve. Soprattutto quando la mappatura mira a censire non tanto un elemento architettonico, quanto l’esistenza di una pratica che, per quanto banale possa apparire, è in realtà tante cose tutte assieme: è la riproposizione di una simbologia primitiva e millenaria, che dalle grotte a oggi, passando per Pompei, non ha mai realmente conosciuto mutazioni. È, molto più semplicemente, una delle tante forme di appropriazione dello spazio urbano. La città: questa eterotopia che trova nell’arte, e in artisti come SAM3, non dico una soluzione ai suoi mille e millenari conflitti, ma certamente la sua migliore chiave di interpretazione e trasfigurazione.
L’aver mappato la ricorrenza dei cazzi in un determinato contesto urbano, disegnati come capita su muri, saracinesche o panchine, potrà suscitare reazioni alterne nell’osservatore. La cosa farà sorridere i più coquins, e forse farà storcere il naso ai più pruriginosi. Certo è un’operazione curiosa, tanto più se a dirigerla è un artista, e se il contesto in questione è Barivecchia, dedalo di piccoli e grandi tesori architettonici, di archi e edicole votive, di viuzze e chiese, dove riti e costumi secolari si arrangiano come possono per sopravvivere alla furia rosicchiante della postmodernità. Città effimera non mira però a strappare sorrisi maliziosi, tantomeno a épater le bourgeois. SAM3, che ne è al tempo stesso ideatore e esecutore, compie un lavoro dai precedenti antropologici illustri. Nel 1910, Georges-Henri Luquet catalogava disegni analoghi, reperiti qua e là per Parigi, tra caserme e bagni pubblici. Osservava un legame, estetico e psicologico, tra i disegni osceni degli adulti, l’arte primitiva e l’arte dei bambini, e chiamava réalisme logique l’abilità umana, secondo lui innata, di rappresentare gli attributi corporei ritenuti più importanti. Molti altri studiosi ne hanno seguito le orme nei decenni successivi, e l’operazione di SAM3 sembra quasi inserirsi al confine tra il lavoro di un antropologo e quello di un urbanista. Non è un caso, se questa particolare mappatura ne ha accidentalmente generate altre, come la mappa dei cuori, quella degli archi, o quella delle strade di Barivecchia che, solitamente, non sono mappate. Da qui a farne un discorso estetico, il passo è breve. Soprattutto quando la mappatura mira a censire non tanto un elemento architettonico, quanto l’esistenza di una pratica che, per quanto banale possa apparire, è in realtà tante cose tutte assieme: è la riproposizione di una simbologia primitiva e millenaria, che dalle grotte a oggi, passando per Pompei, non ha mai realmente conosciuto mutazioni. È, molto più semplicemente, una delle tante forme di appropriazione dello spazio urbano. La città: questa eterotopia che trova nell’arte, e in artisti come SAM3, non dico una soluzione ai suoi mille e millenari conflitti, ma certamente la sua migliore chiave di interpretazione e trasfigurazione.
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