🇮🇹 Critical text for Dicotomia, Alberonero's show at Atipografia, Vicenza, October 24 2015.
Il ne s’agit plus de parler de l’espace et de la lumière, mais de faire parler l’espace et la lumière qui sont là .
Maurice Merleau-Ponty, da “L’oeil et l’esprit”
L’uomo ha questo vizio istintivo di leggere, nell’immenso libro del mondo, una infinita serie di dualismi. Difficile dire se si tratti di una qualità che appartiene realmente alla natura, o di un metodo proprio alla nostra mente, chiamata a decifrarne gli infiniti segni e le loro combinazioni. Rimane che il mondo si dà a noi attraverso un ventaglio di infinite dicotomie. Ve ne è una, nel virgolettato che introduce questo breve testo, in cui il lavoro di Alberonero pare riconoscersi e sintetizzarsi: spazio/luce. Ma Merleau-Ponty lega questa dicotomia a un’altra, più sottile e spinosa: lo spazio/luce, cioè la natura, come oggetto parlato o soggetto parlante. Nell’arte e nell’estetica è un dilemma, quest’ultimo, destinato a rimanere irrisolto: chi è l’artista? Un interprete e narratore della natura, oppure un suo riscrittore? Alberonero sembra appartenere a questa seconda categoria, e legarsi a una tradizione che ha origine in Kazimir Malevič. Nel caso di Alberonero, questo legame può apparire anche troppo immediato, in virtù dell’uso che egli fa del quadrato come forma pura, come numero primo della propria matematica d’artista. In verità , l’eredità estetica che Alberonero sembra raccogliere dal suprematismo è molto meno epidermica: è, in primis, nel pensare l’arte come strumento di espressione pura, non limitato alla descrizione dell’esistente per mezzo del suo stesso linguaggio, ma al suo arricchimento attraverso segni nuovi e le loro possibili combinazioni.
Il ne s’agit plus de parler de l’espace et de la lumière, mais de faire parler l’espace et la lumière qui sont là .
Maurice Merleau-Ponty, da “L’oeil et l’esprit”
L’uomo ha questo vizio istintivo di leggere, nell’immenso libro del mondo, una infinita serie di dualismi. Difficile dire se si tratti di una qualità che appartiene realmente alla natura, o di un metodo proprio alla nostra mente, chiamata a decifrarne gli infiniti segni e le loro combinazioni. Rimane che il mondo si dà a noi attraverso un ventaglio di infinite dicotomie. Ve ne è una, nel virgolettato che introduce questo breve testo, in cui il lavoro di Alberonero pare riconoscersi e sintetizzarsi: spazio/luce. Ma Merleau-Ponty lega questa dicotomia a un’altra, più sottile e spinosa: lo spazio/luce, cioè la natura, come oggetto parlato o soggetto parlante. Nell’arte e nell’estetica è un dilemma, quest’ultimo, destinato a rimanere irrisolto: chi è l’artista? Un interprete e narratore della natura, oppure un suo riscrittore? Alberonero sembra appartenere a questa seconda categoria, e legarsi a una tradizione che ha origine in Kazimir Malevič. Nel caso di Alberonero, questo legame può apparire anche troppo immediato, in virtù dell’uso che egli fa del quadrato come forma pura, come numero primo della propria matematica d’artista. In verità , l’eredità estetica che Alberonero sembra raccogliere dal suprematismo è molto meno epidermica: è, in primis, nel pensare l’arte come strumento di espressione pura, non limitato alla descrizione dell’esistente per mezzo del suo stesso linguaggio, ma al suo arricchimento attraverso segni nuovi e le loro possibili combinazioni.
Tuttavia, questa ennesima dicotomia tra arte astratta e natura, si compie nelle opere di Alberonero in modo tale che la seconda non sia mai esclusa, né negata dalla prima. La natura rimane, infatti, un archivio sterminato di oggetti che l’artista è solito studiare attentamente, scegliere, scomporre quindi ricomporre e tradurre nella purezza e nell’icasticità del quadrato, e sempre attraverso una o più gamme di colore. Ma l’arte di Alberonero trova facilmente un habitat anche quando lo spazio non è più il paesaggio naturale propriamente detto, di boschi e campagne, en plein air. La sua installazione per Atipografia gioca con la luce naturale che, filtrando dalle finestre, sembra tagliare in due lo spazio architettonico, generando nuove dicotomie: tra luce e ombra, attraversamento e stasi, arte e architettura. Anche nel paesaggio naturale umano, quello urbano o domestico, sia esso una strada o una stanza, l’artista non distoglie mai lo sguardo dagli intrecci di segni che sono da sciogliere e da far quadrare.
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